VIOLENZA
Ci siamo soffermate molto su questo tema, che ci vede coinvolte come donne, amiche, compagne, figlie, lavoratrici, madri e cittadine. A seguire alcune definizioni, nella speranza che possano esser utili ad una maggiore conoscenza e consapevolezza di questo fenomeno che continua a perpetuarsi ai danni di milioni di donne...
"non son gravi le parole dei violenti,
quanto il silenzio degli "onesti"
Martin Luther King
Ci siamo soffermate molto su questo tema, che ci vede coinvolte come donne, amiche, compagne, figlie, lavoratrici, madri e cittadine. A seguire alcune definizioni, nella speranza che possano esser utili ad una maggiore conoscenza e consapevolezza di questo fenomeno che continua a perpetuarsi ai danni di milioni di donne...
La violenza domestica:
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la più comune, la più nascosta, la più micidiale Secondo il Consiglio d'Europa, la violenza
domestica è la principale causa di morte e di invalidità per le donne di età
compresa tra i 16 e i 44 anni superando il cancro e gli incidenti
stradali, mentre sarebbero 700.000 ogni
anno i casi di violenza domestica negli USA. Tra il 20 e il 30% delle bambine e adolescenti subiscono violenza
sessuale, il più delle volte da parte di un uomo o di un ragazzo che
conoscono bene (W.H.O., 1997; Romito e Crisma, 2000). Rispetto alla
violenza sessuale occasionale la violenza domestica è ripetuta e tende alla
cronicità ed è quella meno riconosciuta dalla donna e dal contesto sociale.
Queste violenze sembrano essere ancora più frequenti nei paesi meno industrializzati
(WHO, 1997).
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La violenza sessuale extradomestica
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Particolarmente allarmante è la situazione di Ciudad luàrez città di frontiera nel nord del Messico,
dove negli ultimi 10 anni oltre 300
donne sono state assassinate secondo lo stesso rituale: rapimento, tortura,
sevizie sessuali, mutilazioni, strangolamento, forse per opera di serial
killer. Dal gennaio 2002 in Guatemala
sono state assassinate 1.183 donne,
spesso ritrovate ai bordi delle strade o nei cassonetti della spazzatura
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La tratta di esseri umani e a scopo di sfruttamento sessuale
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nel mondo, su circa 40 milioni di rifugiati e
sfollati, 32 milioni sono donne e bambini. E ogni anno
vengono fatte oggetto della tratta di esseri umani 2 milioni di
ragazze, sfruttate sessualmente o costrette ai lavori forzati
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L’infanticidio e l’aborto selettivo
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l’Onu ha lanciato l’allarme sulla Cina dove entro 10 anni, se il
governo non attuerà misure idonee, 40-60 milioni di bambine potrebbero
“mancare all’appello” a causa di aborti selettivi e infanticidi. Si stima che
ogni anno in Cina vengano abbandonate tra le 20 mila e le 100 mila bambine,
in massima parte dalle lavoratrici migranti delle zone rurali che non possono
permettersi di portarle con sé in città
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Le mutilazioni genitali femminili
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si stima che le donne che vengono sottoposte a
mutilazioni siano 130 milioni in tutto il mondo e che 2 milioni siano a
rischio ogni anno. La zona geografica interessata da queste tradizioni di
mutilazione delle donne è varia e spazia dai paesi africani, alla Malesia,
all’Indonesia sino ad arrivare all’Australia e al Sud America
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L’omicidio o la violenza per lesione dell’onore
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in Pakistan si contano circa 1.000 delitti d'onore all'anno: nelle campagne, l'83% degli uomini e il 75% delle
donne considera giusto uccidere un'adultera o una ragazza che ha avuto
rapporti prematrimoniali. In India, circa 15.000 spose
sono state uccise per non aver corrisposto la dote al marito
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L’omicidio o la violenza per non
conformità alle norme culturali o religiose
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in Iran più di 180 ragazze
sono state arrestate perché non vestite in modo conforme ai codici del
fondamentalismo islamico. Secondo statistiche non ufficiali, un numero
elevato di ragazze ha problemi psicotici o ricorre al suicidio per reagire a
una situazione fatta di soprusi, sottomissioni e violenze da parte degli
uomini, in ogni caso difesi dalla legge. In Germania, tra ottobre 2004 e gennaio 2005 sono state uccise 6 donne perché contrarie alla tradizione
islamica integralista della famiglia. Sono migliaia le giovani donne esposte
alla violenza e al sopruso per essersi opposte all'imposizione del velo e di
altre regole tradizionali, come i matrimoni combinati
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Lo stupro “etnico” .
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in alcuni conflitti etnici o guerre civili, come avvenne nella ex
Jugoslavia, in Rwanda e come avviene in Colombia, i crimini e le violenze ai
danni delle donne sono usati come arma di guerra
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Tipi di
violenza contro le donne
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VIOLENZA
FISICA
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La violenza fisica corrisponde alla violenza fatta fisicamente sul
corpo.
- colpire, picchiare, agguantare, dare calci o dei pugni, dare degli
schiaffi, colpire con un oggetto;
- tirare i capelli, bruciare, pizzicare, fulminare, sputare, gettare
dalla finestra o dalle scale;
- sequestrare, impedire di uscire o di fuggire;
- battere la testa contro il muro, strappare i vestiti, soffocare,
tenere la testa sotto l'acqua;
- strangolare, ferire con una pistola, pugnalare, uccidere.
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Art. 572 cod.
pen.
Maltrattamenti
in famiglia o verso i fanciulli
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VIOLENZA
PSICOLOGICA
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Si tratta di comportamenti o intenzioni di disprezzo nei confronti
delle opinioni, dei valori e delle azioni della donna e che quindi attentano
alla sua integrità psichica.
La violenza psicologica si manifesta attraverso:
- insulti;
- rimproveri offensivi, critiche costanti dei suoi pensieri ed
azioni;
- comportamento dell’aggressore che si presenta come colui che sa
tutto, che decide il da farsi e che fa credere che la donna sia una pazza;
- ricatti: utilizzando i sentimenti, i bambini;
- minacce: di rappresaglie, di suicidio, di stupro, di avere
l'affidamento dei bambini, di essere violento.
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Art. 612 bis
cod. pen.
Atti
persecutori
Stalking
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VIOLENZA
ECONOMICA
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Viene utilizzata come mezzo di
controllo permanente della vittima e si associa ad altri comportamenti
aggressivi e distruttivi. Si tratta del controllo economico o professionale
che si manifesta con :
- impedire di lavorare, sminuire il lavoro dell'altro;
- considerare lo stipendio della donna come secondario;
- impedire di utilizzare il denaro della coppia, di avere un libretto
degli assegni o una carta di credito, dare in modo parsimonioso il denaro per
la gestione della famiglia, verificare tutte le spese della donna;
- obbligarla a licenziarsi o cambiare tipo di lavoro oppure versare
lo stipendio sul conto dell'uomo.
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VIOLENZA SESSUALE
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La violenza sessuale assume
connotati particolari da un punto di vista simbolico. Oltre ad un
attribuzione di “controllo sociale” che si riscontra anche nelle altre forme
di violenza, delinea, “plasma” la differenza sessuale, produce le donne come “diverse
dagli e inferiori agli uomini”. Tanto è vero che quando viene esercitata da
uomini su altri uomini sembra esprimere il concetto di posizionare la vittima
in condizione di donna, “ti riduco a donna” subordinata e inferiore.
La violenza sessuale si esprime
attraverso:
- la coercizione alla sessualità o insoddisfazione per la vita
sessuale;
- atti di aggressione;
- insulti, umiliazioni o brutalizzazioni durante un rapporto
sessuale;
- prendere con la forza e legare durante un rapporto sessuale;
- penetrare con la forza per via anale, penetrare con la forza con un
oggetto;
- violentare dopo aver picchiato o ingiuriato la vittima;
- la costrizione ad agire in base ai fantasmi sessuali del coniuge;
- l’obbligo a ripetere delle scene pornografiche;
- l’essere “ prestata” ad un amico per un rapporto sessuale.
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Legge 66/1996
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VIOLENZA
SPIRITUALE
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Comporta la distruzione dei valori e della fede religiosa attraverso
la ridicolizzazione e la costrizione della donna a comportamenti contrari
alle sue credenze o il divieto a rispettare pratiche religiose
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LA VIOLENZA VERBALE
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Tale violenza si associa ad altri tipi di violenza ed è permanente.
Non si tratta di alterchi tra coniugi, essa si esprime in un rapporto non egualitario.
Questa forma di violenza viene considerata dipendente dalla violenza
coniugale perché utilizzata dall'aggressore per controllare e distruggere la
sua compagna. A prescindere dal tono di voce utilizzato, l'aggressore invia
un messaggio alla vittima:
- gridare, utilizzare un tono brusco ed autoritario per chiedere un
piacere, fare delle ingiunzioni;
- interromperla continuamente o rimproverarla di parlare, di tacere o
di fare quello che a lui non piace;
- dirigere la conversazione, non ascoltare quello che dice.
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Le
conseguenze della violenza
Le conseguenze della violenza sono
estremamente gravi: danni a livello fisico, difficoltà relazionali, disturbi
psicologici, invalidità permanenti, sino alla morte. La continuità della
violenza domestica causa inoltre gravi danni anche sulla salute riproduttiva
delle donne.
In particolare nel lavoro clinico le
persone sottoposte a violenza, oltre alle specificità dei danni riportati da
situazioni limite per il nostro paese come quella dell’acidificazione e dalle
pratiche della mutilazione dei genitali, mostrano i seguenti disturbi
clinici, psicologici e fisici:
-
|
ü
lesioni
traumatiche: di tutti i tipi, di varia localizzazione,
ricorrenti, multiple e talvolta mortali; contusioni, piaghe, bruciature,
fratture
ü
Affezioni
genitali: Malattie sessualmente trasmissibili, HIV;
dispareunie, disturbi sessuali, dolori pelvici cronici; infezioni
genito-urinarie
ü
disturbi emotivi: collera,
vergogna, sentimento di colpa, sentimento di impotenza, di disistima, ansia e
stati di panico
ü
disturbi psicosomatici: dolori
cronici, cefalee, astenia, intorpidimenti, formicolii, palpitazioni, difficoltà
respiratorie
ü disturbi del sonno
ü
disturbi dell'alimentazione: orari dei
pasti irregolari, anoressia, bulimia
ü
disturbi cognitivi: difficoltà di
concentrazione e d'attenzione, perdita di memoria
ü disturbi della sfera psicosessuale
ü
depressione: perdita di
stima e chiusura in se stesse, disturbi del sonno e dell'alimentazione
ü ideazione suicidaria e tentativi di suicidio
ü
sindrome post-traumatica: ricordi
intrusivi del trauma, flashback, incubi; reazioni emotive e psichiche
esagerate provocate da un "avvenimento scatenante” che ricorda il
trauma; strategie che permettono di evitare attività, luoghi, pensieri o
conversazioni che ricordano il trauma
ü
ipereccitazione:
ipervigilanza, irritabilità, disturbi del sonno, disturbi della
concentrazione
abuso di sostanze: tabacco, alcool, droghe, analgesici o psicotropi (ansiolitici, antidepressivi, ipnotici, sedativi, ecc.) |
Meccanismi
che permettono il perpetuarsi della violenza
- La negazione della violenza è uno dei meccanismi che permette il
perpetuarsi della violenza stessa: la donna e la comunità in cui essa è
inserita, rifiutano di ammettere che vi sia un problema e considera le scene
di violenza come degli episodi accidentali oppure la legittima attraverso
usi, costumi e tradizioni sociali.
- Un altro meccanismo è quello del dominio: la donna rimane sotto il
dominio del suo aggressore, non è perché ama questa situazione bensì perché
si sente in trappola. Vive nella paura, viene sminuita dal suo aggressore e
talvolta dalle persone che la circondano. Isolata, si sente abbandonata ed
incapace di uscire da questa situazione. Fatica a rendersi conto che la
situazione può cambiare anche perché è effettivamente difficile sottrarsi
alla violenza se non sostenute dall’esterno.
- Molti sono i motivi per cui rimane sotto il dominio dell'uomo anche
quando vorrebbe sottrarsene: non ha sviluppato stima in sé stessa come
individuo ma come soggetto facente parte di una collettività con determinate
regole; vuole preservare l'unità e l’onore della famiglia; subisce delle
pressioni esterne e/o i rimproveri dell'ambiente che la circonda; è isolata
ed ha scarsissime possibilità di trovare aiuto; ha paura della miseria e
degli ostacoli materiali da superare (sistemazione, impiego, nuovo alloggio);
non ha le risorse fisiche e psicologiche necessarie per intraprendere una
procedura; è minacciata ed ha paura delle rappresaglie verso di lei e verso i
bambini; non conosce i suoi diritti e si mostra reticente ad affrontare le
istituzioni e l'apparato giudiziario.
- I meccanismi dell'aggressore sono principalmente la negazione, la
deresponsabilizzazione e la svalutazione della vittima. L’autore nega la
violenza stessa o la sua gravità, si deresponsabilizza e trasferisce la
responsabilità.
- L’uomo violento inventa ogni tipo di scusa per spiegare il suo
comportamento. Ne attribuisce la responsabilità alla donna ed adduce a
qualsiasi pretesto per giustificare la sua violenza.
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Posso dire alla mia gatta basta, alzarmi e lei non protesta
Non ho mai provato a scrivere di quel giorno, di 27 anni fa, per chiarirmi.
A volte l’ho drammatizzato, altre banalizzato, altre ancora, la maggior parte del tempo ignorato, dimenticato , rimosso.
Oggi
ci penso. La tua domanda si è affacciata diverse volte nella mia mente,
ma quando tu mi hai posto la stessa domanda, che io pure tante volte mi
ero posta, ho provato un nuovo dolore frammisto di rabbia e
rassegnazione, bisogno di farmi capire e di condividere.
È più
facile raccontare di altri miei drammi seppur dolorosi, come l’incidente
che stava per togliermi la vita a 14 anni, (ricordi?) che pensarmi in
quel giorno…
eppure rivedo la stanza, il computer che fino a qualche
attimo prima guardavamo insieme, la parete, e sento ancora la mia testa
schiacciata contro qualcosa, il suo corpo su di me.
Mi ricordo …
era il mio ragazzo, avevo 15 anni e dopo una lite, avevamo fatto pace,
ci eravamo abbracciati, avevo sentito la sua eccitazione, ci stavamo
baciando.
Poi io, provai a sciogliermi lentamente dal suo abbraccio, ma non era possibile,
Lui
provava a farmi inchinare ma io, non capendo, ero goffa forse, volevo
andare a casa, mi veniva da piangere, continuavo a provare a
togliermelo di dosso e poi non so che successe.
Aveva fretta …
stavano per tornare i suoi … io ero immobile, come fulminata, non volevo
… Ricordo bene che non volevo, lacrime e paralisi dovevano esserne le
prove,
ma lui non le vedeva … la testa schiacciata e il dolore … forse era troppo preso dall’essere maschio per accorgersi di me.
Ricordo quando uscì e si sollevo da me … sollievo, le gambe rigide e la testa.
Non
mi ricordo se mi chiese come stessi, ma ricordo il suo indicarmi il
bagno, il nostro lavarci, ognuno da una parte. Eppure non era la prima
volta che rimanevamo soli a baciarci, mi fidavo di lui. Era il mio
ragazzo. “un bravo ragazzo di famiglia per bene, con genitori
praticanti, padre che lavora in banca” così lo descriveva mia madre a
mio padre prima di autorizzarlo a portarmi fuori la sera. Lui però,
alto, forte, cintura nera di karate, cattivo studente ma apprezzato per
la sua “bellezza maschia” aveva deciso che dovevamo farlo “completo” e
per lui forse la prima volta “doveva” essere violenta.
io ero
vergine e “ritrosa” non lo desideravo, desideravo stare con lui ma non
farci l’amore… desideravo il romanticismo, i fiori, il sentirmi grande,
l’avere un ragazzo da mostrare, sentirmi non “la maschiaccia” tanto
deprecata dai miei familiari, ma una ragazza “normale”.
Un fiore …
ne avevamo anche parlato... Mi avrebbe regalato dei fiori dopo la prima
volta. Ma non mi donò un fiore quella prima volta e non un fiore i
giorni seguenti.
Quanto mi ero aspettata quel fiore! Ci salutammo.
Non volevo tornare a casa, ero confusa, cosa avrei detto? Cosa mi
avrebbero detto? Era colpa mia? Dovevo assecondarlo? O peggio “ma che
vuoi che sia? è questa la normalità”
Non andai a casa ma da Betta la
mia migliore amica “che faccia che hai! Che hai fatto? Non mi dire che
hai fatto pace con quello stronzo”… anche a lei non riuscii a dire
nulla. Andai nel suo bagno e ci rimasi per un bel po’ con la testa
vuota. Lei in silenzio mi preparò un the.
Persi del sangue per
qualche giorno, la testa pulsava, l’ansia mi prendeva all’improvviso e i
fiori non arrivavano. Forse si era reso conto di avermi … di avermi …
mi ammutolii e diventai fantasma di me stessa mangiando sempre meno.
Dopo
una settimana passò a casa mia. Mi chiese di andare con lui e io,
sempre muta lo seguii. Non una parola sulla settimana prima, non una
parola su cosa avesse fatto, pensato, in quei 7 giorni, niente. Anche
lui però mi pose una domanda: “ti sei lavata con la cocacola? Mi
raccomando lavati con la cocacola dopo”. E già, mi ero dimenticata di
quel suo suggerimento.
Iniziarono così quelle serate al lungo mare,
nelle cabine, dove ciucciargli il cazzo significava non farmi
violentare, o spingerlo almeno, mentre mi penetrava, ad avere meno
“energie”, pensavo di controllare così “lo stronzo” e di normalizzare
così la mia vergogna.
Ma quanto tempo per capirlo…e adesso la tua domanda … “hai pensato che forse sei omosessuale perché ti hanno violentata?”
Ti
giuro che non credevo che tu potessi farmi una domanda tanto … come
definirla … stupida, maschilista, arrogante, banale, violenta, come? Ho
scelto l’aggettivo IGNORANTE
Non voglio convincerti di nulla ma spero di scalfire almeno un po’ la tua IGNORANZA.
Sai quante donne vengono violentate ogni anno in Italia? Lo sai? E diventano Lesbiche?
Sai
quanto una domanda così presuppone che l’amore che provo per una donna
sia il fiore che cresce grazie alla merda? Sai che ponendo questa
domanda ti stai dicendo che essere donna con un uomo significa essere
remissiva e stupida, senza parola ne corpo? E che le lesbiche sono tali
non perché attratte da donne ma perché rifiutano gli uomini per paura.
Sai quanto questo tuo pregiudizio corrobora le esistenze e la
conoscenza? Sai che purtroppo accade spesso proprio il contrario e cioè
che le lesbiche vengono violentate in nome del fatto che così sappiano
che “cosa significa farlo con un vero cazzo” e dopo averlo finalmente
conosciuto si redimano?
Spero tu voglia approfondire e trovare
risposta a queste domande prima di porne altre a chi ha subito violenza.
Ma va bene anche così. Anzi hai fatto bene a farmi questa domanda
perché almeno ho l’occasione di condividere con te.
No. Non sono
diventata lesbica perché mi ha violentata “lo stronzo”. Non sono
diventata neanche femminista per questo, pensa un po’. Non sono stata
aiutata da un collettivo, purtroppo.
C’era solo Betta, che pur
avendo capito tutto non mancò di essermi accanto fin da subito, anche
nel periodo fantasma, anche quando sapevo che non approvava il mio
continuare ad uscire con lo “stronzo”. Mai mi giudicò, mai mi offese,
solo ogni tanto mi proponeva qualche amico del suo ragazzo. Lui era lo
“stronzo” ma ce ne erano anti altri che non erano stronzi, il suo
ragazzo per esempio era uno giusto.
E così iniziai ad uscire con tanti altri; tanto lo “stronzo” stava già cambiando vittima e si vedeva sempre più raramente.
E
finalmente arrivò Carlo, tozzo con le sue spalle larghe e protettive,
il sorriso da bambino e lo sguardo da uomo. Lui mi sapeva amare con
calore e rispetto. Avevo 19 anni. Sottolineo Lui mi sapeva amare, perché
a me continuava a mancare qualcosa, e pur ricoprendolo di affetto,
baci, attenzioni e pur facendoci sesso in mille modi divertenti e
piacevoli, continuava a mancarmi qualcosa. Lui non ne risentiva e si
sentiva appagato, mi chiese di andare a convivere visto che stavo per
andare via di casa per l’università.
Lo lasciai. Non lo amavo. Avevo
fatto pace con il sesso, con la normalità. Ero stata “fortunata” ad
incontrare lui, in confronto a tante storie che ebbi poi modo di
sentire, ma l’amore per riconoscenza non appaga.
Sai come ho
imparato l’amore reciproco? Sai come sono diventata lesbica? Nel modo
più semplice del mondo innamorandomi di una ragazza dell’università. È
stato un crescendo continuo a cui non sapevo dar nome inizialmente. Un
desiderio di vicinanza, di condivisione, di visione. Solo guardarla mi
procurava desiderio e eccitazione. Ma non sapevo ancora che “quella cosa
lì” si chiamava amore. Non sapevo che esistessero delle lesbiche
“normali” pensavo fossero tutte o suore o rifiuti umani o modelle
perverse. Questo era il mio immaginario. E che scoperta e che
fatica…scoprirsi, uscire allo scoperto e imparare ad amare
profondamente. E che rottura di ovaie le persone che non sanno che
l’omosessualità è una variabile normale dell’orientamento sessuale e
cercano spiegazioni pseudo-scientifiche-culturali a cos’è l’amore? Come
se ci chiedessimo perché ci piacciono di più le mele alle pere?
Ora
conosco l’attrazione che provo nel pensarmi ad amare una donna … darle
tutto … donarle me … sapermi fermare, attendere, riprendere … fino a
farla sentire sicura … e se non lo è … aspettare ancora. L’amore,
l’unica parola.
Il mio futuro? Anziana con una donna a fianco che mi
legge un libro o una poesia che mi fa ridere e sorridere alla vita… Un
mio pensiero fisso … figli a cui trasmettere tutto l’amore che ho
imparato, che sento e che vivo, anche solo respirando.
Adesso? Adesso non cerco uomo o donna, ma solo amore.
Sono una donna. Mi vengono i brividi al solo scriverlo …
E non lo sono perché sto con un uomo.
Sono una donna e basta.
Come la mia gatta, è gatta, a prescindere da me.
E
chissà, forse, quel giorno di 27 anni fa… non ne ero ancora
consapevole, e chissà lui non abbia intuito prima di me, chissà non
fosse quello il suo modo di “redimermi” … il suo modo bastardo di
credere di amare.
Allora, anche se più difficile per mamma e papà, e
non più ideologia o baluardo sociale da sfidare, anche se forse un
figlio non potrà mai arrivare … io non mi voglio negare l’amore.
"non son gravi le parole dei violenti,
quanto il silenzio degli "onesti"
Martin Luther King
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaLo stato in cui viviamo non conosce la violenza psicologica come dovrebbe, non la ritiene al pari di quella fisica e visibile, in questo paese le cose si devono vedere altrimenti, quasi, non esistono. Un ragazzino si toglie la vita perchè violentato psicologicamente in quanto gay, o disabile, o "diverso" in qualcosa, da altri suoi pari? non ci saranno condanne, ma cosa ben più grave non ci saranno lezioni e spiegazioni alla non violenza, nessuno verrà messo nella condizione di interrogarsi, nessuno si sentirà un assassino al pari di un altro che in prigione sconta un ergastolo per la medesima conseguenza, manca solo l'azione, compiuta o non compiuta, questa è la differenza. La violenza è un mondo di possibilità, dovrebbero creare una materia scolastica e intitolarla "guida al riconoscimento della violenza", è nascosta in moltissime cose apparentemente banali, cose a cui non attribuiresti mai tale parola.
RispondiEliminaCi sono donne che vengono perseguitate tutta la vita credendo che sia la "normalità" vivere sotto costante minaccia, donne di tutto il mondo che ritengono la vita una costante sopravvivenza alla ricerca della serenità. Per chi non conosce il problema la serenità è nell'avere una casa, un lavoro, è permettersi le ferie due volte l'anno e' avere abbastanza o così tanto da doversi lamentare. Chi vive sotto violenza da una definizione differente di serenità, riuscire ad alzarsi al mattino, non avere lividi troppo visibili, vivere giorni dove il dolore fisico e mentale è più accettabile, riuscire a respirare correttamente, non pensare ogni giorno "speriamo che finisca presto".
Fin da bambini non siamo consapevoli di ciò che può essere definito violenza, ci sentiamo legittimati, e lo siamo, a fare molte cose che in realtà educano al futuro, diamo fuoco a formiche per vedere cosa succede, usiamo i nostri animali domestici come fossero cose, alziamo le mani per difenderci dai nostri genitori, o chi per loro, in genere seguite da verbalizzazioni apparentemente innocenti come "brutta/o" o "sei cattiva"e tutto questo lo facciamo inconsapevolmente senza renderci conto che in realtà stiamo compiendo piccoli e terribili atti. L'innocenza di un bambino non elimina la possibilità di essere violenti . Dalla violenza nascono sentimenti ed emozioni come la paura, la rabbia, il terrore, l'insicurezza e l'odio.
Nel mondo da tempo ormai, molti grandi geni della storia hanno contribuito a diffondere il messaggio contro la violenza.
Mahatma Gandhi disse "il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla non violenza". Questo dovrebbe essere considerato anche per chi crede di poter ricorrere alla violenza per scopi nobili e di difesa.
Helga Schneider disse :"la violenza sulle donne è antica come il mondo, ma nel 2009 avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri". Invece non è andata così.
Eraclito disse : "bisogna spegnere la violenza piuttosto che l'incendio".
Martin Luter King disse : "con la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l'odio La violenza aumenta l'odio e nient'altro.
Friedrich Hacker disse : "La violenza è semplice; le alternative alla violenza sono complesse"
Quest'ultima frase lascia il più grande interrogativo della storia, riuscirà mai l'essere umano a sviare se stesso? a non addomesticare le generazioni future e gli animali alla difesa tramite la violenza?
Da parole come violenza abbiamo creato la speranza , quella che un giorno si possa nascere tutti educati al rispetto civile e alla capacità di amare gli altri incondizionatamente.